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Possiamo perdere la salvezza in Cristo?


Una persona mi ha chiesto se Ebrei 6:4-6 annulli le possibilità di un ex-cristiano pentito di tornare a seguire il cammino del Signore. Il suo dubbio era: “a cosa si riferisce questa parte del testo?”. Un’altra domanda che sorge da questo testo è la possibilità di perdita della salvezza. Di sicuro abbiamo già sentito molte persone affermare che possiamo perderla. In realtà, alcuni chiamano la certezza della salvezza “orgoglio dei credenti”.

Questa nozione è presente in alcune denominazioni di orientazione teologica arminiana. Diversi valorizzano la manutenzione di un’insicurezza per “necessità di preservare la vita cristiana”. La mia opinione, ed è ciò che insegna la Riforma, è che questo sia un fraintendimento di ciò che la Bibbia insegna sulla dottrina della salvezza. Tuttavia, alcuni riformati si sorprendono quando sentono che la Confessione di Fede di Westminster presenta la “certezza di salvezza” come qualcosa di aggiuntivo e non essenziale per l’essenza della vera fede (Confessione di Fede di Westminster, 18:3 e Catechismo Maggiore di Westminster domande 81 e 172). La domanda, dunque, non è se esista o no la “certezza soggettiva”, o personale, ma se veramente il salvo possa perdere questa salvezza. Alla fine, uno dei punti principali della teologia biblica e della Riforma è la Perseveranza dei Santi.

Testi come Ebrei 6:4-6 possono lasciarci un po’ confusi, se studiati superficialmente, fuori dal contesto generale della Parola di Dio. Dobbiamo, dunque, tentare di comprendere alcuni passaggi biblici che sembrano opporsi alla dottrina della Perseveranza dei Santi.

1. Due passaggi difficili: Ebrei 6:4-6 e 2Pietro 2:20-22 sono due passaggi di difficile comprensione, ma analizziamoli uno ad uno:

Alcuni “gustano il dono celeste” e cadono, ci dice Ebrei 6:4-6: “Infatti quelli che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste e sono stati fatti partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e le potenze del mondo futuro, e poi sono caduti, è impossibile ricondurli di nuovo al ravvedimento perché crocifiggono di nuovo per conto loro il Figlio di Dio e lo espongono a infamia.”

Alcuni “fuggono” dal mondo, “conoscono”, ma tornano in errore, ci dice 2Pietro 2:20-22: “Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo mediante la conoscenza del Signore e Salvatore Gesù Cristo, si lasciano di nuovo avviluppare in quelle e vincere, la loro condizione ultima diventa peggiore della prima. Perché sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia, che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo comandamento che era stato dato loro. È avvenuto di loro quel che dice con verità il proverbio: «Il cane è tornato al suo vomito», e: «La scrofa lavata è tornata a rotolarsi nel fango».”

2. Esposizione di Giovanni su questo tema: dobbiamo essere consapevoli dell’esposizione sulla salvezza che l’apostolo Giovanni fa nel capitolo 10:26-28 del suo Vangelo e nelle sue tre lettere universali, prima di affrontare questi versetti difficili.

Lo Spirito Santo spinse Giovanni a riportare, in questo passaggio (Giovanni 10:26-28) il fondamento della dottrina della Perseveranza dei Santi, “nessuno le rapirà”: “ma voi non credete, perché non siete delle mie pecore. Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono; e io do loro la vita eterna e non periranno mai e nessuno le rapirà dalla mia mano.” Siamo al sicuro nelle mani di Cristo, non per nostro potere, ma per il potere di Dio. La salvezza non è solo un nostro atto di volontà, ma la volontà è un riflesso e una risposta all’opera di Cristo sulla Croce, alla Sua vittoria sulla morte nella resurrezione, e alla chiamata efficace dello Spirito Santo nei nostri cuori.

Nella sua prima lettera, Giovanni lascia chiaro che esistono persone aggregate al popolo di Dio, ma che mai hanno fatto parte di coloro veramente salvati dal potere di Cristo. “Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri”. In 1Giovanni 2:18-20 vediamo: “Ragazzi, è l'ultima ora. Come avete udito, l'anticristo deve venire, e di fatto già ora sono sorti molti anticristi. Da ciò conosciamo che è l'ultima ora. Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; perché se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma ciò è avvenuto perché fosse manifesto che non tutti sono dei nostri.Quanto a voi, avete ricevuto l'unzione dal Santo e tutti avete conoscenza.

Nella sua seconda lettera, Giovanni parla di coloro che non si fanno prendere dalla dottrina di Cristo. Egli si riferiva alle persone che “vanno oltre la dottrina”, e dice che loro non hanno Dio. In 2Giovanni 9, egli scrive: “Chi va oltre e non rimane nella dottrina di Cristo, non ha Dio. Chi rimane nella dottrina, ha il Padre e il Figlio.” “Andare oltre” è lo stesso termine usato da Paolo in Galati 1:8. Significa “oltrepassare”, predicare “un altro Vangelo”. A questi, Paolo riserva parole dure. Nonostante stiano tra il popolo di Dio, Paolo mette in guardia i suoi lettori contro di loro, e conclude che chiunque “…vi annunciasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo annunciato, sia anatema”. Ovvero, sia maledetto chi va oltre la dottrina.

Nella terza lettera, Giovanni richiama l’attenzione sul fatto che una vita veramente trasformata, veramente salva, non permane nel peccato. Coloro che dicono di essere salvi ma non dimostrano alcuna trasformazione di vita (e, purtroppo, ci sono sempre persone così in mezzo al Popolo di Dio), non hanno mai puntato a Dio. In 3Giovanni 11, egli parla di questa permanenza nella pratica del male: “Carissimo, non imitare il male, ma il bene. Chi fa il bene è da Dio; chi fa il male non ha visto Dio.”

3. Il contesto dei passaggi difficili. Torniamo ai nostri passaggi difficili, esaminandone ora il contesto immediato nel quale si trovano.

Ebrei 6:4-6 non può essere isolato dai versetti 7 e 8. Questi versetti dicono: “Quando una terra, imbevuta della pioggia che vi cade frequentemente, produce erbe utili a quelli che la coltivano, riceve benedizione da Dio; ma se produce spine e rovi, è riprovata e prossima a essere maledetta; e la sua fine sarà di essere bruciata”.

In questi due versetti vediamo l’armonia del testo di Ebrei con la parabola del seminatore, incontrata in Matteo 13:18-23. Il versetto 22 è di fondamentale importanza. Il passaggio di Ebrei non sta parlando dei veramente salvi, ma di coloro seminati tra le spine. Essi hanno ricevuto la pioggia, proprio come coloro piantati in terra fertile, ovvero “gustano il dono”, nel senso che partecipano alle benedizioni, ma sono soffocati dalle preoccupazioni del mondo. Molti sembrano seguire il Vangelo, partecipano agli incontri e alle attività della chiesa, ma il loro cuore non è rigenerato. Il testo di ebrei non parla di “perdita della salvezza”, né dell’impossibilità per il credente di cadere in peccato e non potersi ravvedere, ma di coloro che dimostrano, con il passare del tempo, di non essere mai stati convertiti.

Similarmente, 2Ppietro 2:20-22, dev’essere letto a partire dal versetto 9. Coloro che “fuggono” dal mondo conoscono, ma tornano in errore, sono messi a confronto dei “pii”. Il testo di Pietro dice: “ciò vuol dire che il Signore sa liberare i pii dalla prova e riservare gli ingiusti per la punizione nel giorno del giudizio; e soprattutto quelli che vanno dietro alla carne nei suoi desideri impuri e disprezzano l'autorità. Audaci, arroganti, non hanno orrore di dir male delle dignità; mentre gli angeli, benché superiori a loro per forza e potenza, non portano contro quelle, davanti al Signore, alcun giudizio ingiurioso. Ma costoro, come bestie prive di ragione, destinate per natura a essere catturate e distrutte, dicono male di ciò che ignorano, e periranno nella propria corruzione, ricevendo il castigo come salario della loro iniquità. Essi trovano il loro piacere nel gozzovigliare in pieno giorno; sono macchie e vergogne; godono dei loro inganni mentre partecipano ai vostri banchetti. Hanno occhi pieni d'adulterio e non possono smetter di peccare; adescano le anime instabili; hanno il cuore esercitato alla cupidigia; sono figli di maledizione! Lasciata la strada diritta, si sono smarriti seguendo la via di Balaam, figlio di Beor, che amò un salario di iniquità, ma fu ripreso per la sua prevaricazione: un'asina muta, parlando con voce umana, represse la follia del profeta. Costoro sono fonti senz'acqua e nuvole sospinte dal vento; a loro è riservata la caligine delle tenebre. Con discorsi pomposi e vuoti adescano, mediante i desideri della carne e le dissolutezze, quelli che si erano appena allontanati da coloro che vivono nell'errore; promettono loro la libertà, mentre essi stessi sono schiavi della corruzione, perché uno è schiavo di ciò che lo ha vinto.”

Il passaggio parla chiaramente degli empi. Essi hanno conosciuto il cammino della giustizia perché hanno aderito fisicamente alla chiesa, si sono relazionati con il Popolo di Dio, hanno sentito innumerevoli esposizioni della Parola. Tuttavia, nel loro spirito e nelle loro opere, non hanno mai sperimentato la conversione. Per questo, nei versetti 20-22, essi sono comparati a cani che tornano al vomito. Hanno vissuto in un posto pulito, ascoltato insegnamenti che portano alla vita. Portano su sé stessi la condanna per aver rifiutato tutto questo e il Signore di Gloria.

Conclusione:

La Parola di Dio lascia chiaro, in molti passaggi, che siamo salvi per sempre.

Per questo Paolo insegna, in Romani, che Colui che iniziò l’opera in noi ha il potere di completarla (Filippesi 1:6). Ovviamente, questo non è un incoraggiamento a peccare, ma motivo di azioni di grazia: siamo salvati dal potere di Dio e preservati da questo stesso potere, non dalle nostre fragili forze.

I due passaggi che abbiamo esaminato, nonostante siano difficili, sono comprensibili grazie alle spiegazioni di Giovanni e grazie al contesto immediato dei passaggi stessi. Dobbiamo confidare nel preservatore della nostra salvezza, e non dobbiamo mai essere scossi o permettere che dei dubbi siano inculcati nella nostra testa.

Rev. Solano Portela

Presbitero della Chiesa Presbiteriana di Santo Amaro


Traduzione Paini Alessia @FedeRiformata.com

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