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Il significato di "Chiesa"

Voi siete il corpo di Cristo: riflessioni storico-teologiche sulla chiesa cristiana

INTRODUZIONE

Studiando la storia del cristianesimo, è importante riflettere in primo luogo su cosa sia la Chiesa Cristiana, quale sia il suo significato, la sua natura e i suoi limiti. Il Nuovo Testamento greco usa la parola ekklesía al singolare e al plurale, ovvero, sia per riferirsi ad una comunità cristiana specifica – una chiesa locale (Mt 18:17; At 8:1; 14:23; Ro 16:5; 1Co1:2; 4:17; Fp 4:15; Cl 4:15,16; Ap 2:1), che ad un congiunto di queste comunità, generalmente localizzate in una determinata regione (At 15:41; Ro 16:4,16; 1Co 7:17; 2Co 8:1; Ga 1:22; 1Te 2:14; 2Te 1:4; Ap 1:4). Più intrigante, e certamente più complesso, è l’utilizzo del termine al singolare, ma con un significato collettivo, ovvero, in riferimento ad una realtà più ampia e più profonda, come nel caso del passaggio classico di Matteo 16:18 (“…su questa pietra edificherò la mia chiesa”). Questo uso teologicamente più denso del termine può essere visto anche in testi come Atti 20:28, ed in vari passaggi delle lettere agli Efesini e ai Colossesi (Ef 1:22,23; 3:10,21; 5:23-32; Cl 1:18,4).

Ma cosa è “la chiesa”, in questo senso più ampio e profondo? Il Nuovo Testamento sembra dare una doppia risposta a questa domanda. Da un lato, essa è una realtà spirituale e mistica, il corpo di Cristo, e come tale è invisibile agli occhi umani. Si tratta di un congiunto dei veri credenti, passati, presenti e futuri, di coloro che appartengono a Cristo e Lo riconoscono esplicitamente come Signore e Salvatore, ovunque si trovino (Ef 1:23; 2:16; 4:4,12,16; Cl 1:18,24; 2:17,19; 3:15). Dall’altro lato, in un senso più concreto e palpabile, questo corpo è il congiunto visibile di coloro che professano la fede cristiana e si riuniscono in comunità (Ro 12:4,5; 1Co 10:17; 12:12-27; Ef 3:6; 5:30). In questa seconda accezione del termine, il Nuovo Testamento utilizza varie figure per designare la chiesa: popolo di Dio, famiglia, edificio, gregge, ecc. In nessuno di questi due aspetti neotestamentari il termine “chiesa” si riferisce ad una struttura, un’organizzazione, ma è sempre una realtà invisibile, il corpo mistico, o visibile, il congiunto dei fedeli.

1. La chiesa istituzionale

In contrasto con il periodo apostolico, tra la fine del primo secolo e l’inizio del secondo, iniziò a sorgere l’idea del fatto che la chiesa sia un’istituzione, e del fatto che questa istituzione consista essenzialmente nell’ordine dei suoi capi. Questo fu un periodo allo stesso tempo fertile e conflittuale per il cristianesimo, un’epoca nella quale i cristiani avevano bisogno di definire con più chiarezza la propria identità di fronte a numerose sfide esterne ed interne da affrontare. Tra le sfide esterne, c’erano le persecuzioni da parte della società e dell’Impero Romano, così come le critiche semplici o più sofisticate da parte del mondo pagano. La principale sfida interna consisteva nella nascita di interpretazioni distinte, e a volte divergenti, della fede cristiana. Questo significa che il movimento cristiano non era uniforme o omogeneo, ma era caratterizzato da una grande diversità di convinzioni e pratiche.

Dinnanzi all’esistenza di gruppi distinti come docetisti, gnostici, marcioniti, montanisti e tanti altri, presto nacque una domanda: dov’è la vera chiesa, e come identificarla? La risposta fu quella che siamo soliti chiamare la “chiesa cattolica”, espressione che si trova per la prima volta in una lettera del Vescovo Ignazio di Antiochia, datata approssimativamente all’anno 110d.C. La “chiesa cattolica” passò ad essere una designazione della chiesa maggioritaria, del cristianesimo normativo ed ortodosso, fedele agli insegnamenti di Cristo e degli apostoli, in contrasto con i movimenti alternativi, considerati falsi o eretici. Questa “chiesa cattolica” del II sec. d.C. era caratterizzata da tre elementi essenziali di unità e stabilità: l’accettazione di un congiunto di libri considerati divinamente ispirati (le Scritture Ebraiche e il canone del Nuovo Testamento), la dichiarazione formale dei punti centrali della fede cristiana (il credo, generalmente in forma trinitaria) e in particolare la concentrazione dell’autorità nelle mani di un unico capo in ogni chiesa locale (il vescovo monarchico). Insieme a tutto questo, nacque il concetto di successione apostolica.

Il vescovo, considerato successore diretto degli apostoli, passò ad essere visto come un guardiano, tanto dell’unità, quanto dell’ortodossia della chiesa. La chiesa era presente dove il vescovo, rappresentante di Cristo, era presente. L’insieme di tutti i vescovi costituiva la chiesa nel senso più ampio. Chi era in comunione con i vescovi faceva parte della chiesa; chi non era in comunione con i vescovi, era escluso da essa. A partire da quel momento, l’identificazione della chiesa come gerarchia ecclesiastica divenne sempre più accentuata, come si può osservare negli scritti di Cipriano di Cartagine, un notevole capo cristiano che visse in Nordafrica nel III sec. d.C.

2. Chiese dissidenti

Una situazione particolarmente interessante sorse nel IV sec., nel contesto dell’ultima grande persecuzione dei cristiani da parte dell’Impero Romano Occidentale. A partire dall’anno 303 d.C., l’imperatore Diocleziano e il suo successore Galerio tentarono di eliminare il cristianesimo. Uno dei mezzi adottati fu la distruzione delle copie delle Scritture. I ministri cristiani erano spinti a consegnare i manoscritti biblici, e coloro che lo fecero furono conosciuti come “traditori” (inizialmente “consegnatori”). Avvenne che, dopo un’elezione episcopale in Nordafrica, uno dei vescovi consacranti del vescovo eletto fu accusato di essere un “traditore”. Questo diede inizio allo scisma donatista (da “Donato”, uno dei personaggi principali dello scisma), un movimento perfezionista che risultò in una chiesa separata dalla chiesa cattolica, parallela ad essa. Nella regione della Numidia, nelle stesse città, c’erano chiese sia cattoliche che donatiste. Fu solamente all’inizio del V sec. che lo scisma donatista fu eliminato attraverso un intervento statale, appoggiato dal grande vescovo e teologo Agostino. La chiesa donatista non era considerata una vera chiesa, e non si pensava meritasse il nome di chiesa.

La chiesa cattolica, ora potente e alleata dello stato, iniziò a combattere sistematicamente qualsiasi dissidenza religiosa. La chiesa divenne un’organizzazione più coesa, monolitica, centralizzata sul clero e soprattutto nella figura del vescovo di Roma, elevato alla condizione di leader supremo, il papa. Nel corso del Medioevo nacque il concetto di cristianità, la visione di una società unificata tanto politicamente quanto religiosamente, con a capo figure di re e di vescovi, di imperatori e di papi. Coloro che osavano divergere erano duramente repressi, come avvenne ai catari, una setta sincretica del Sud della Francia, che fu eliminata in gran parte da una serie di crociate all’inizio del XIII secolo. Fu in questo periodo che prese piede la punizione degli eretici con la creazione della Inquisizione papale, o Sant’Uffizio.

Anche se i catari potevano difficilmente essere considerati seguaci del cristianesimo storico a causa delle loro convinzioni gnostiche e manicheiste, non poteva essere detto lo stesso di un altro movimento francese del XII secolo, i valdesi (dal nome del principale fondatore, Valdo di Lione), inizialmente conosciuti come “i poveri uomini di Lione”. Caratterizzati dal loro attaccamento alla Scrittura e dal loro stile di vita semplice, i valdesi furono comunque repressi, e sopravvissero solo rifugiandosi in alcune valli remote delle Alpi del Nord Italia. Lo stesso si può dire del movimento iniziato dal sacerdote inglese John Wyclif e dai suoi seguaci, i lollardi, alla fine del XIV secolo. La critica della chiesa medievale basata sulla Scrittura sviluppata da Wyclif trovò riscontro in un sacerdote boemo, Jan Hus, che finì morto sul rogo per mano del Concilio di Costanza, nel 1415. I suoi seguaci, gli hussiti o fratelli boemi, più tardi conosciuti come fratelli moravi, crearono un movimento estremamente equilibrato, biblico e cristocentrico, nonostante fossero esclusi dalla chiesa ufficiale. Con l’avvento della Riforma Protestante, tanto i valdesi quanto i fratelli moravi abbracciarono il protestantesimo, nonostante fossero chiese anteriori della Riforma. Tutti questi gruppi si erano visti negato lo status di chiesa, ma l’avrebbero certamente meritato.

3. La prospettiva protestante

La Riforma Protestante fu, tra le altre cose, la messa in dubbio della nozione del fatto che una determinata tradizione cristiana avesse il diritto esclusivo di avere il titolo di chiesa. In primo luogo, i riformatori affermarono che, ovunque il popolo di Dio si riunisca per ascoltare la predicazione fedele della Parola e ricevere l’amministrazione dei sacramenti biblici, sia presente una chiesa. Con questa nuova mentalità, il protestantesimo aprì le porte alla diversità all’interno del cristianesimo. Poiché la chiesa non è ridotta alle istituzioni o alle strutture ecclesiastiche, i protestanti accettarono con relativa facilità l’esistenza di differenti rami del proprio movimento: inizialmente luterani, calvinisti, anabattisti e anglicani; più tardi battisti, congregazionalisti, metodisti e molti altri. Oltre a questo, nella cosmovisione protestante non esiste la distinzione tra clero e laici: tutti sono “laici” (dal greco laós, ovvero “popolo”, il popolo di Dio) e sacerdoti allo stesso tempo (vedi 1Pietro 2:9-10). Prima di essere “madre dei fedeli”, la chiesa è la “comunione dei santi”.

Nonostante le divisioni protestanti abbiano avuto i propri aspetti tristi e condannabili, esse implicano il tacito riconoscimento del fatto che nessun gruppo possa prendersi per sé il diritto di essere la piena ed esclusiva manifestazione della Chiesa di Cristo. Nessuna chiesa evangelica, per quanto biblica si consideri, può, nella propria coscienza, considerarsi “la chiesa”, ad esclusione di tutte le altre. Esistono molte “chiese”, nel senso di congregazioni cristiane, ma una sola “chiesa”, nel senso più pieno della parola, ovvero il corpo spirituale ed invisibile di Cristo o il congiunto di tutti i veri seguaci di Cristo, che include persone di tutte le chiese, siano protestanti, cattoliche o ortodosse, e anche individui che, per ragioni eccezionali, non fanno parte di nessuna denominazione cristiana. Solamente Cristo sa chi siano.

4. Avvenimenti recenti

Di fronte a tutto questo, è strano che alcuni capi cristiani continuino ad insistere sull’idea che la propria congregazione cristiana sia la chiesa per eccellenza o, ancora peggio, che una determinata struttura ecclesiastica possa essere considerata tale. Questo accade anche tra i protestanti, quando certi leader ecclesiastici, riferendosi a gruppi che adottano posizioni discoranti o opposizioni ad un gruppo più grande, dicono che essi si stiano ribellando contro la chiesa e contro Dio, e che saranno soggetti a castighi divini. Questo tipo di presa di posizione rivela una errata interpretazione del concetto biblico ed evangelico di cosa sia di fatto la chiesa nella sua espressione più elevata: non è la denominazione, la struttura, l’istituzione umana, né tantomeno chi la guidi. Queste realtà sono importanti, e la Scrittura insegna l’obbedienza ai capi della chiesa, finché si mantengano fedeli alla Scrittura stessa. Tuttavia, non possiamo perdere di vista ciò che è più essenziale: la chiesa come corpo di Cristo o popolo di Dio, che si riunisce per adorarlo e si disperde per servirlo e dare testimonianza di Lui al mondo.

Nell’anno 2000, i protestanti di tutto il mondo furono sorpresi dalla dichiarazione ufficiale emessa dal Vaticano, che affermava che la Chiesa Cattolica Romana fosse l’unica vera chiesa. Il cardinale Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina di fede, conosciuto come papa Benedetto XVI, condannò l’applicazione dell’espressione “chiese sorelle” nei confronti delle chiese protestanti (dovevano essere chiamate solo “comunità ecclesiastiche”), e il documento Dominus Iesus dichiarò che le chiese non in possesso di un “episcopato valido e sostanza integrale e genuina del mistero dell’eucarestia non sono chiese nel senso appropriato”. I capi ecclesiastici di ogni appartenenza teologica fecero sentire le proprie proteste, mostrando che alcuni temi teologici del secolo XVI continuano a avere rilevanza all’inizio del terzo millennio. Per gli eredi della Riforma la questione è chiara: la chiesa invisibile è una realtà che solo Dio conosce; la chiesa visibile è, prima di tutto, il popolo di Dio, un’unione di fedeli, ovunque essi si incontrino. Nelle parole dell’apostolo dei gentili ai Corinzi e a noi:

“Voi siete il corpo di Cristo e membra di esso, ciascuno per parte sua” (1Corinzi 12:27).

Dr. Alderi Souza de Matos

Storico ufficiale della Chiesa Presbiteriana del Brasile

Traduzione Paini Alessia @FedeRiformata.com

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Nell'immagine: Aaronne, il primo Sommo Sacerdote

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