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L'obbedienza di Cristo

Ciò che rese possibile l’acquisto [della redenzione per il Suo popolo] furono l’obbedienza e la giustizia di Cristo. Il primo aspetto della riflessione sugli atti della giustizia di Cristo riguarda le leggi alle quali obbedì. Bisogna fare un’osservazione generale: tutti i precetti ai quali Cristo obbedì possono essere ricondotti ad un’unica legge, quella che l’Apostolo chiama “legge delle opere” (Ro 3.27). Tutti i precetti ai quali Cristo obbedì possono essere ricondotti a quell’unica ed imperitura legge divina contenuta nel patto delle opere, quella norma eterna di giustizia che Dio ha stabilito tra Sé e l’umanità. Cristo venne al mondo per adempiere e per conformarsi al patto delle opere, ossia a quel che sussiste in perpetuo quale norma del giudizio. Il patto che doveva essere adempiuto, noi lo abbiamo infranto.

Questa legge delle opere racchiude invero tutte le leggi che Dio ha dato all'umanità, sia la legge naturale sia quella civile. Infatti, secondo il patto delle opere, è norma universale che Dio venga obbedito in tutti i precetti che gli piacque darci. È altresì una norma generale che gli uomini obbediscano ai loro genitori terreni; inoltre è di certo un precetto assai più impor tante quello secondo cui noi dobbiamo obbedienza al nostro Padre celeste. Così la legge delle opere esige l'obbedienza a tutti i comandamenti di Dio. Adamo doveva obbedire all'ordine di non mangiare il frutto proibito e i Giudei dovevano obbedire a tutti i precetti istituzionali. Quando Dio ordino a Giona di levarsi e di andare a Ninive, la legge delle opere esigeva che egli obbedisse. Pertanto, essa esigeva anche da parte di Cristo l'obbedienza a tutti comandamenti che Dio gli impartì.


Ma per essere più precisi, i comandamenti di Dio ai quali Cristo obbedì erano di tre tipi, dal momento che egli era ad essi soggetto in quanto uomo, in quanto giudeo e in quanto semplice mediatore.


i. Egli obbedì ai comandamenti ai quali era soggetto semplicemente come uomo. Erano questi i comandamenti della legge morale - la stessa che fu data al monte Sinai, scritta su due tavole di pietra - vincolanti per l'umanità di ogni tempo e per tutte le nazioni del mondo.


ii. Egli obbedì a tutte le norme alle quali era soggetto in quanto giudeo. Era infatti soggetto alla legge cerimoniale e vi si conformò, come quando fu circonciso l'ottavo giorno, oppure quando si recava a Gerusalemme, al tempio, tre volte all'anno - almeno dopo aver compiuto dodici anni, che a quanto pare era l'età in cui i maschi iniziavano a salire al tempio. Cristo dunque frequentava costantemente il culto nel tempio e quello in sinagoga.

A questo aspetto della sua obbedienza può esser ricondotta anche la sua sottomissione al battesimo di Giovanni. Era infatti un comandamento speciale dato ai Giudei quello di andare da Giovanni il battista a farsi battezzare e Cristo, essendo giudeo, si assoggettò a questo comandamento. Perciò, quando andò a farsi battezzare da Giovanni - e Giovanni obiettò che era lui, piuttosto, ad aver bisogno di essere battezzato da Cristo - spiegò che era necessario che così avvenisse, onde potesse adempire “ogni giustizia” (Matteo 3:13-15).


iii. Cristo era soggetto alla legge come mediatore, cioè rispetto a ciò che lo riguardava solo nella sua funzione di mediatore. Essa consisteva dei comandamenti datigli dal Padre d'insegnare, di predicare il Vangelo, di operare miracoli, di fare discepoli, di stabilire i sacramenti e, infine, di donare la propria vita. Ed egli fece tutte queste cose in obbedienza agli ordini ricevuti dal Padre, come afferma spesso (Giovanni 10:18; 14:31). A questi ordini egli non era soggetto in quanto semplice uomo, ché non riguardavano gli altri uomini, né in quanto Giudeo, ché non facevano parte della legge mosaica: erano invece ordini ricevuti dal Padre che riguardavano solamente il suo ufficio di mediatore.


La giustizia di Cristo, grazie alla quale egli meritò il cielo per sé e per tutti quelli che credono in lui, consiste essenzialmente nella sua obbedienza alla legge come mediatore: il suo compito principale ed il suo impegno nel mondo era infatti quello di adempiere questa legge. La storia narrata dagli evangelisti serve soprattutto a dar conto della sua obbedienza in questo senso. Questo aspetto della sua obbedienza era il più arduo e l'averlo adempiuto è quindi ancor più meritevole. Ciò che Cristo doveva fare nel mondo in quanto mediatore era infinitamente più difficile di ciò che doveva fare semplicemente come uomo o come giudeo. È nella sua obbedienza come mediatore che egli patì le sofferenze degli ultimi giorni della sua vita terrena, a partire dall'agonia nel Getsemani per finire con la risurrezione.


Come l'obbedienza del primo Adamo - che sarebbe stata la sua giustizia se egli l'avesse adempiuta - avrebbe dovuto consistere principalmente nella sua obbedienza a quella legge speciale cui era soggetto in quanto capo morale e garante del L'umanità – l'ordine di non toccare l'albero della conoscenza del bene e del male -, così l'obbedienza del secondo Adamo, che è la sua giustizia, si fonda principalmente sulla sua obbedienza a quella legge speciale cui era soggetto in quanto mediatore e garante dell'uomo.


Jonathan Edwards

(1703-1758) filosofo, teologo calvinista e pastore evangelico statunitense.


Estratto del libro Una Storia dell’Opera della Redenzione, 2005, Ed. Alfa & Omega, p. 207-209.


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