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Immagine del redattoreRev Ewerton B. Tokashiki

L'origine del Diaconato


Definizione del ruolo di diacono

Il sostantivo diacono deriva dalla parola greca diakonós. Questa parola appare 29 volte nel Nuovo Testamento, potendo significare1:

a) Servo (Matteo 20:26; 22:13; Marco 9:35)

b) Servitore (Giovanni 2:5,9)

c) Ministro (Romani 13:4)

d) Servitore – ausiliario (2Corinzi 6:4; Efesini 6:21; Colossesi 1:23,25; 1Timoteo 4:6)

e) Diaconi (Filippesi 1:1; 1Timoteo 3:8,12)


Il lessicografo J.H. Thayer definisce questa parola come “colui che esegue gli ordini degli altri come un servo, un servitore o un ministro.”2 Altrove egli ci fornisce un’altra definizione più completa, dicendo che è “colui che, in virtù di un ruolo designato dalla chiesa, aiuta i poveri, ricevendo e distribuendo denaro, che è per questo raccolto.” 3 Tuttavia, questa definizione riguarda le pratiche della Chiesa nei suoi primi secoli. La struttura della nostra denominazione (presbiteriana, n.d.T.) non nega la responsabilità del diacono di esercitare l’assistenza sociale, ma non raccomanda né supporta il suo gestire denaro, lasciando che sia il Consiglio ad occuparsene. La definizione di Thayer del ruolo di diacono ha qualche lacuna e limitazione.


Notiamo anche che, seguendo William D. Mounce, il verbo greco diakonéw significa

“occuparsi, prendersi cura, servire (Matteo 8:1; Marco 1:31; Luca 4:39) […]; ministrare, aiutare, dare assistenza o provvedere a ciò che è indispensabile alla vita, provvedere i mezzi per vivere (Matteo 4:11; Matteo 27:5; Marco 1:13; Marco 15:41; Luca 8:3.”4 Questa definizione è preferibile, dimostrandosi più soddisfacente per le necessità della Chiesa.


L’origine dei diaconi nel Nuovo Testamento

Troviamo la narrativa storica dell’origine del diaconato in Atti 6:1-6.

“In quei giorni, moltiplicandosi il numero dei discepoli, sorse un mormorio da parte degli ellenisti contro gli Ebrei, perché le loro vedove erano trascurate nell'assistenza quotidiana. I dodici, convocata la moltitudine dei discepoli, dissero: «Non è conveniente che noi lasciamo la Parola di Dio per servire alle mense. Pertanto, fratelli, cercate di trovare fra di voi sette uomini, dei quali si abbia buona testimonianza, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Quanto a noi, continueremo a dedicarci alla preghiera e al ministero della Parola». Questa proposta piacque a tutta la moltitudine; ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Procoro, Nicanore, Timone, Parmena e Nicola, proselito di Antiochia. Li presentarono agli apostoli, i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.”

Alcuni studiosi, tuttavia, negano che questo passaggio si riferisca all’origine del ruolo, sottolineando l’assenza del termine “diacono” nel testo. Tuttavia, possiamo credere che questo passaggio sia la narrativa dell’istituzione del diaconato tenendo in considerazione le seguenti argomentazioni presentate da Louis Berkhof:

1. Il nome diakonoi che, prima dell’evento narrato in Atti 6, era sempre utilizzato nel senso generale di “servo o servitore”, in seguito iniziò ad essere utilizzato per indicare coloro che si dedicavano alle opere di misericordia e carità e, con il tempo, iniziò ad essere usato solo in quel senso. L’unica ragione a cui possiamo attribuire tutto questo si trova in Atti 6.

2. I sette uomini menzionativi furono incaricati di distribuire bene le donazioni raccolte per l’agapae (festa di amor cristiano), fatto che altrove è definito in particolare dalla parola diakonia (Atti 11:29; 2Corinzi 8:4; 9:1,12,13; Apocalisse 2:19).

3. I requisiti per l’ufficio, menzionati in Atti 6, sono molto esigenti e, sotto questo aspetto, concordano con quanto scritto in 1Timoteo 3:8-10.

4. Possiamo dire molto poco in favore dell’idea di alcuni critici riguardo al fatto che il diaconato si sia sviluppato solo più tardi, più o meno all’epoca della nascita dell’ufficio episcopale. 5


La tradizione cristiana riconobbe in questa decisione apostolica l’origine del diaconato:

1. Ireneo di Lione (130-200 d.C.), nel suo libro “Contro le eresie” (1:26; 3:12; 4:15)

2. Cipriano (200-258 d.C.) nelle sue Epistole (3:3)

3. Eusebio di Cesarea (260-340 d.C.) dichiara nella sua “Storia Ecclesiastica” che lì “furono egualmente distinti dagli apostoli, con preghiera ed imposizione delle mani, uomini approvati al ruolo di diaconi, per il servizio pubblico.” 6

Ad una lettura superficiale del passaggio di Atti 6 è possibile verificare il problema di omissione nella “tavola delle vedove dei gentili”. Quest’omissione certamente non fu fatta di proposito, poiché gli apostoli, essendo appena dodici, non potevano sopperire al ministero dell’insegnamento della Parola di Dio per tutti i nuovi convertiti e, allo stesso tempo, “servire ai tavoli”. Ci sono almeno quattro motivi per l’istituzione del diaconato che possiamo elencare:

1. Evitare il disordine nelle relazioni all’interno della Chiesa. Era sorto un grave problema di pettegolezzi.

2. Evitare il sorgere di partiti all’interno della Chiesa. La mancanza alla mensa delle vedove enfatizzava le differenze tra il gruppo dei giudei ellenici e quello dei giudei palestini.

3. Evitare ingiustizie nella distribuzione degli alimenti e delle donazioni ai bisognosi.

4. Affinché i maestri della Parola potessero dedicarsi all’insegnamento della stessa. È importante osservare che gli apostoli non stavano rifiutando di “servire alla mensa delle vedove”. John R.W. Stott diede un importante contributo alla comprensione di questo tema, dicendo che “non c’è qui nessun indizio del fatto che gli apostoli considerassero l’opera sociale inferiore all’opera pastorale, o che la considerassero poco degna per loro. Era solo una questione di chiamata. Non potevano essere sviati dal loro impegno primario.” 7


Charles R. Erdman suggerisce alcune idee riguardo la necessità del diaconato nella Chiesa Cristiana. Vediamo che:

1. È un dovere ovvio della chiesa, di qualsiasi luogo, provvedere alle necessità dei suoi membri.

2. Questa provvisione esige lungimiranza e cautela, affinché coloro che hanno più bisogno non siano omessi.

3. L’amministrazione di tali aiuti deve includere contatto e simpatia personale. Non è una cosa da fare meccanicamente, o solo per prassi. Sono aiuti che devono risultare in conforto spirituale e, se possibile, portare le persone a condizioni in cui possano non averne più bisogno in futuro.

4. Questo lavoro richiede la designazione di persone specializzate. “Il ministro” deve essere liberato da tutto ciò che riguarda lo spostamento e l’utilizzo di denaro tra i membri della sua chiesa.

5. Al ministro si deve permettere di impiegare il suo tempo nello studio, nella predica e nella preghiera.

6. L’aiuto ai poveri, ovvero l’assistenza sociale, di qualsiasi natura, non deve mai prendere il posto dello sforzo evangelico.

7. Nella chiesa, tutti i suoi ufficiali sono “ministri” o “servi”, nel vero senso del termine; non sono dominatori. E, qualunque sia il tipo di servizio, bisogna tentare di renderli un mezzo di testimonianza di Cristo, come suggerito dagli episodi di Stefano e Filippo, due diaconi la cui testimonianza costituì una parte significativa della storia che li segue. 8


Note:

[1] F.W. Gingrich & F.W. Danker, Léxico do N.T. Grego/Português (São Paulo, Ed. Vida Nova, 1993), p. 53

[2] J.H. Thayer, Thayer’s Greek-English Lexicon of the New Testament (Grand Rapids, Associeted Publishers and Authors Inc., 1889), p. 138

[3] Ibidem.

[4] William D. Mounce, The Analytical Lexicon to the Greek New Testament (Grand Rapids, Zondervam Publishing House, 1992), p. 138

[5] Louis Berkhof, Teologia Sistemática (Campinas, LPC, 1990), p. 591.

[6] Eusébio de Cesaréia, História Eclesiástica (Rio de Janeiro, CPAD, 1999), Livro 2. Cap. 1, p. 47

[7] John W.R. Stott, A Mensagem de Atos (São Paulo, Ed. ABU, 1994), p. 134

[8] Charles R. Erdman, Atos dos Apóstolos (São Paulo, Casa Editora Presbiteriana, 1960), pp. 58-59


Autore originale: Rev Ewerton B. Tokashiki


Traduzione Paini Alessia @SolaScriptura

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