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Agostino d'Ippona: vita e ministero


Nello stesso periodo storico in cui si svolsero nella chiesa greca o orientale le controversie cristologiche, visse in Occidente quello che sarebbe poi stato considerato come uno dei maggiori patriarchi della chiesa, Aurelio Agostino. Per la sua genialità, produttività e influenza, egli è considerato come l’equivalente latino del brillante Origene. Agostino fu l’ultimo dei grandi scrittori cristiani dell’antichità, e fu precursore della teologia medievale, avendo anche influenzato profondamente la teologia protestante del XVI secolo. Egli ha dato alla teologia occidentale caratteristiche che la distinguono da quella orientale, e che hanno contribuito alla scissione finale tra le due tradizioni.

Il famoso vescovo introdusse nel pensiero cristiano il concetto di Monergismo (da monos = “un solo” ed ergon = “opera”), ovvero il fatto che, tanto nella storia umana come nella salvezza, l’opera di Dio sia pienamente sovrana, in netto contrasto con la posizione “sinergista” adottata da diversi secoli, con la sua enfasi sulla cooperazione tra opere umane e divine. Questa posizione di Agostino non fu mai totalmente accettata dalla sua chiesa, e fu rifiutata dalla chiesa orientale. Fu tuttavia dichiarato uno dei quattro dottori della chiesa latina, insieme ad Ambrogio, Geronimo e Gregorio I.

Grazie alla sua autobiografia, le Confessioni, la vita di Agostino è la più conosciuta tra quelle dei patriarchi della chiesa. Egli nacque a Tagaste nel 354 d.C., in Nord Africa (la moderna Algeria), non lontano dalla grande città di Cartagine (nell’attuale Tunisia), e ricevette il nome di Aurelio Agostino. Suo padre, Patrizio, funzionario pubblico di ceto medio, era un pagano che si convertì solo poco prima di morire, nel 372. La madre, Monica, era una cristiana pia con un carattere forte.

Da giovane studiò nella sua città natìa, e in seguito a Madaura e Cartagine. Si distinse in retorica latina, ma non riuscì a padroneggiare la lingua greca. Nonostante fosse stato catecumeno sin dall’infanzia, aveva passione per il teatro, e appagò la sua sessualità attraverso l’unione con una concubina (372-385), che gli diede un figlio, Adeodato, morto attorno al 390. Disilluso nei confronti della Bibbia e affascinato dalla filosofia grazie alla lettura di un’opera dell’oratore romano Cicerone (Ortensio), Agostino si diede al manicheismo, una setta gnostica, e poi allo scetticismo. Divenne professore di retorica a Tagaste e Cartagine, e poi partì per Roma (383) e Milano (384), seguito ben presto dalla madre, che era interessata al suo progresso professionale e al suo ritorno alla chiesa.

A Milano, il giovane retorico subì l’influenza della filosofia neoplatonica, che lo convinse dell’esistenza dell’Essere trascendente immateriale, e che gli diede una nuova comprensione del problema del male come corruzione o assenza del bene. Rimase sorpreso dall’eloquenza erudita e dalla predicazione allegorica del grande vescovo Ambrogio (c. 339-397), considerato il maggiore oratore sacro dell’antica chiesa latina.

Il suo pellegrinaggio si concluse nell’Agosto del 386 con la celebre esperienza del giardino, narrata nei minimi dettagli nelle Confessioni. Mentre conversava con l’amico Alipio sul messaggio dell’apostolo Paolo, Agostino provò una profonda emozione. Allontanandosi, sentì un bambino cantare ripetutamente tolle lege (“prendi e leggi”). Aprendo casualmente la Lettera ai Romani, lesse i versetti 13 e 14 del capitolo 13, convertendosi. Abbandonò la carriera pubblica, si dedicò ad una vita monastica, e fu battezzato da Ambrogio nella Pasqua del 387.

Ritornando a Tagaste dopo la morte di Monica a Ostia, vicino a Roma, iniziò a scrivere contro il manicheismo e formò una comunità contemplativa. Durante una visita a Ippona, oggi in Algeria, fu ordinato sacerdote quasi forzatamente (391). Divenne vescovo curato nel 395 e, nell’anno seguente, vescovo di Ippona, incarico che esercitò fino alla sua morte, nel 430. Essendo un capo della chiesa e dovendo affrontare grandi sfide, la sua prospettiva mutò in modo decisivo. Passò ad avere una visione più radicalmente biblica dell’essere umano e della storia, in contrasto con il suo precedente umanesimo ottimista neoplatonico.

La teologia di Agostino fu forgiata e maturò nel contesto di tre grandi controversie nelle quali fu coinvolto, a partire dalla sua lotta con i manichei. Essi erano seguaci de profeta persiano Mani (c.216-276), che fu martirizzato dai romani. Credevano in due forze eterne e uguali, il bene e il male, in lotta perpetua. Così come gli gnostici, attribuivano il male alla materia, creata secondo il principio del male, e il bene allo spirito, creato dal Dio buono. L’anima, o spirito, dell’uomo era una scintilla del potere benigno che era stata rubata dalle forze maligne, e imprigionata nella materia. Da giovane, Agostino era affascinato da questa filosofia religiosa, che pareva spiegare meglio del cristianesimo alcune delle questioni più importanti dell’esistenza. Con il passare del tempo fu deluso dal movimento, in particolare dopo una conversazione con Fausto, il filosofo manicheo più importante.

Nella sua principale opera contro il manicheismo, La natura del bene (c. 405), Agostino sostenne che non sia necessario ammettere due forze uguali e opposte nell’universo (dualismo) per spiegare il male. Esso non è una natura, o una sostanza, ma la corruzione della natura buona creata da Dio in una privatio doni (privazione del bene). Usò due punti di vista: uno metafisico (tutta la natura è inferiore a Dio e passibile di corruzione) e uno morale (il male decorre dall’uso improprio del libero arbitrio). Agostino utilizzò la filosofia (in questo caso il neoplatonismo) contro il manicheismo, adattandola alla fede cristiana, processo utilizzato sin dall’epoca di Clemente di Alessandria e Origene, sostenendo che tutta la verità è verità di Dio, qualunque sia la sua provenienza. Allo stesso tempo, non era d’accordo con il neoplatonismo per quanto riguarda la natura di Dio (personale, invece che un Uno impersonale) e la creazione del mondo (a partire dal nulla, ex nihilo, invece che una materia eterna). Con l’aiuto della filosofia, Agostino dimostrò razionalmente la superiorità del cristianesimo e fornì un modello di pensiero cristiano su temi come Dio, la grazia, la Creazione, il peccato, il libero arbitrio e il male. Utilizzò argomentazioni già conosciute, ma in un modo nuovo e interessante.

La seconda grande controversia nella quale si vide coinvolto Agostino fu quella contro i donatisti. Questo scisma nella chiesa cattolica del Nord Africa, che risultò nella formazione di una potente chiesa rivale, era nato dopo l’ultima persecuzione dei cristiani, all’inizio del IV secolo (303-311). I capi iniziali del movimento, tra i quali si trovava un vescovo chiamato Donato, affermavano che i vescovi che avevano collaborato con i persecutori romani non erano legittimi, e che gli uomini che li avevano ordinati non erano sacerdoti cristiani. I donatisti erano eredi della tradizione rigorista o moralista del Pastore di Erma e Tertulliano e, all’epoca di Agostino, sostenevano che i vescovi e i sacerdoti cattolici fossero corrotti o eretici, e che per questo i sacramenti che amministravano non fossero legittimi. In queste affermazioni, si appellavano anche agli scritti di Cipriano.

Lottando contro i donatisti in opere come Il Battesimo, Agostino sottolineò due questioni: la natura della chiesa e la validità dei sacramenti. L’enfasi principale dei donatisti era la purezza della chiesa: essa era considerata la congregazione dei santi, tanto sulla terra quanto in cielo, essendo sempre composta dal residuo fedele. Rifiutando questa ecclesiologia, Agostino sostenne che i donatisti fossero impuri, avendo distrutto l’unità della chiesa e avendola portata nel peccato dello scisma. Per lui, la chiesa includeva ogni tipo di persona, contenendo sia il bene che il male (il grano e la crusca) fino alla separazione definitiva dell’ultimo giorno.

Quanto ai sacramenti, egli insisteva sul fatto che il battesimo e l’eucarestia trasmettessero la grazia di Dio ex opere operato, ovvero “in virtù della stessa azione”, indipendentemente dalla condizione morale e spirituale dell’officiante. I sacramenti provengono da Cristo, ed il loro potere ed efficacia si basano sulla santità di Cristo, che non può essere corrotta da ministri indegni “così come la luce del sole non è corrotta quando brilla attraverso un tombino”. Pertanto, un sacramento è valido anche se amministrato da un sacerdote immorale o eretico, a patto che sia stato legittimamente ordinato e che sia in comunione con la chiesa. Egli è un mero strumento della grazia di Cristo.

Senza dubbio, la controversia più importante nella quale fu coinvolto Agostino, e quella che ebbe conseguenze più profonde sulla sua teologia, fu quella che mosse contro il pelagianesimo. Pelagio era un monaco britannico che nacque verso la metà del IV secolo. Attorno al 405 egli andò a Roma per poi partire per il Nord Africa, ma non riuscì ad incontrare Agostino. Andò dunque in Palestina e scrisse due libri sul peccato, il libero arbitrio e la grazia: De libero arbitrio e De natura. Criticato fortemente da Agostino e dal suo amico Geronimo (†420), commentarista biblico e traduttore della Vulgata Latina, egli fu assolto da un sinodo riunito in Palestina nel 415. Fu tuttavia condannato come eretico dal vescovo di Roma (417-418) e dal Concilio di Efeso (431). Pelagio era un cristiano moralista che sosteneva che credere in una tendenza naturale al peccato impedisse ai cristiani di vivere vite virtuose.

Pelagio fu accusato per tre eresie. In primo luogo, egli negò il peccato originale come colpa ereditata, come molti cristiani orientali. Pensava che le persone peccassero perché nate in un mondo corrotto, e perché influenzate dai cattivi esempi di chi avevano intorno, ma che non avessero una tendenza naturale a peccare. Peccare era per lui una decisione deliberata. In secondo luogo, egli negò che la grazia sovrannaturale di Dio fosse essenziale per la salvezza. Nel suo pensiero, tutto ciò di cui i cristiani hanno bisogno è l’illuminazione data dalla Parola di Dio e la propria coscienza. Infine, affermò la possibilità, almeno teorica, di vivere una vita senza peccato mediante l’utilizzo corretto del libero arbitrio. Sostenne che tutti gli esseri umani si trovassero nello stato di Adamo prima della caduta, potendo dunque optare per una vita in perfetta obbedienza alla Legge di Dio.

In risposta agli insegnamenti di Pelagio, Agostino sviluppò la propria soteriologia, basata su due convinzioni principali: la totale corruzione degli esseri umani dopo la Caduta e l’assoluta sovranità di Dio. Le sue principali opere contro il pelagianesimo furono: Spirito e lettera (412), Natura e grazia (415), La grazia di Cristo e il peccato originale (418), La grazia e il libero arbitrio (427), e La predestinazione dei Santi (429). Trattò questi argomenti anche in altre opere, come Enchiridion (421) e La città di Dio (c.413-427).

Appellandosi agli insegnamenti dell’apostolo Paolo, come Romani 5:12-21, Agostino affermò che tutti gli esseri umani, inclusi i figli dei cristiani, nascono colpevoli e totalmente corrotti a causa del peccato di Adamo e della natura peccaminosa da lui ereditata, essendo dunque soggetti alla condanna eterna. Essi fanno parte di una “folla di perdizione”. Questa situazione cambia attraverso il battesimo (il sacramento della rigenerazione), il ravvedimento e la grazia sacramentale. La vita cristiana virtuosa è totalmente opera della grazia di Dio, e in nessun modo prodotto dello sforzo umano o del libero arbitrio, senza grazia abilitatrice. A causa della corruzione ereditata, l’essere umano non è libero di non peccare (non posse non peccare).

Per Agostino, libero arbitrio significa semplicemente fare ciò che si vuole, agire in accordo con la propria natura, ma non include la capacità di una scelta contraria, come sostenevano Pelagio e i suoi seguaci. Le persone sono dunque libere di peccare, ma non di non peccare: peccare è tutto ciò che essi vogliono fare senza l’intervento della grazia di Dio.

Pertanto, la grazia sovrana di Dio è assolutamente necessaria per qualsiasi decisione o azione positiva dell’essere umano caduto. Le creature umane sono talmente corrotte che, se Dio non concedesse loro il dono della fede, non si rivolgerebbero nemmeno a Lui. Se fosse possibile raggiungere la rettitudine per natura e per libero arbitrio, senza la grazia sovrannaturale, Cristo sarebbe morto invano. Dio determina o predestina in modo sovrano tutto ciò che accade.

Nella sua ultima opera, La predestinazione dei Santi, Agostino affermò che Dio sceglie alcuni individui in mezzo alla folla umana della perdizione perché ricevano il dono della fede, mentre ne lascia altri alla meritata perdizione. È il concetto che più tardi sarà definito come “elezione incondizionata”, o “grazia irresistibile”. Agostino non spiegò soddisfacentemente alcuni difficili questioni sollevate dalla sua soteriologia (Dio è autore del male? Come conciliare la sovranità di Dio e la responsabilità umana? Perché Dio non salva tutti?), lasciandole nella sfera del mistero. Per lui, ciò che contava era il fatto che nell’universo non ci sia nulla che sia al di fuori del Suo controllo o che possa andare contro la Sua volontà.

Oltre alla dottrina della chiesa e dei sacramenti e della dottrina della grazia, un altro contributo fondamentale del vescovo di Ippona fu la sua esposizione della dottrina trinitaria nel valido trattato De Trinitate (La Trinità). Partendo da una base posta dai cappadoci, la cui teologia conobbe attraverso Ilario di Poitiers, Agostino diede più enfasi all’unità dell’essenza divina piuttosto che alla diversità tra le Persone. Mentre i cappadoci partirono dalla diversità tra le Persone per arrivare alla loro unità, Agostino seguì il processo inverso. Preferì parlare delle relazioni invece che delle Persone. Spiegando il processo dello Spirito Santo, disse che Egli è il vincolo di amore tra il Padre e il Figlio, il che diede origine al dibattito medievale sulla clausola Filioque, presente nel Credo Niceno.

Agostino sostenne che tutte le cose, essendo state create dal Dio Trino, portano il marchio della Trinità. In questo modo diede un contributo innovatore introducendo il “modello psicologico” della Trinità. Mise a confronto l’unità di Dio con l’unità dell’essere umano, ed equiparò la Trinità con tre caratteristiche interne dell’anima, o aspetti della personalità umana: la memoria, la comprensione e la volontà. Una delle sue ultime opere fu Le Ritrattazioni, o Le Revisioni (426-427), nella quale riprese i suoi scritti, correggendo o difendendo alcuni punti. Altri temi della teologia di Agostino furono la conoscenza come illuminazione della mente attraverso il Verbo di Dio; l’esistenza e l’essere di Dio; la Creazione, la natura del tempo e l’escatologia. Curiosamente, non esplorò mai a fondo il campo della Cristologia.

La sua opera magna fu La Città di Dio, nella quale fece una grande sintesi del pensiero cristiano. Iniziò con un’apologia contro le affermazioni del fatto che, in ultima analisi, il cristianesimo fosse stato responsabile della caduta di Roma a causa dei visigoti nel 410. Il libro finì per diventare una grande interpretazione della storia romana e cristiana, analizzata teologicamente ed escatologicamente attraverso i complessi destini terreni delle due “città” create da due amori in conflitto (amor proprio e amore per Dio). Secondo il suo pensiero, il regno di Dio non si identificava con nessuna civiltà umana, e non sarebbe stato toccato dalla caduta dell’Impero Romano. Ironicamente, Agostino morì quando l’Africa romana soccombette ai vandali che circondavano Ippona. La civiltà romana classica stava giungendo al termine, ma stava sorgendo una nuova cultura cristiana, che avrebbe raggiunto il suo maggior splendore nel Medioevo.

Rev. Alderi Souza de Matos

Storico ufficiale della Chiesa Presbiteriana del Brasile

Traduzione Paini Alessia @FedeRiformata.com

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