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Immagine del redattoreBruce Scott

La storia di Amazing Grace (Stupenda Grazia) - La vita di John Newton


Amazing Grace, “Stupenda Grazia”, è senza dubbio uno dei più grandi inni cristiani. Scritto dal Pastore inglese John Newton (1725-1807), ha alle spalle una storia molto interessante, che forse non tutti conoscono.

I primi anni di vita di John Newton

John Newton era Pastore di una chiesa crescente a Olney, in Inghilterra, quando compose il testo di quello che potrebbe essere l’inno più conosciuto della contemporaneità, Amazing Grace. Newton era soddisfatto in quel contesto di vita di campagna. Aveva una dolce sposa al suo fianco, aveva sviluppato un buon ministero pastorale, ed era circondato da persone che lo amavano. In quel momento, Newton aveva una bella vita. Eppure, 25 anni prima, la sua vita era disastrosa.

Newton nacque a Londra il 24 Luglio 1725. Suo padre, capitano di una nave mercantile, lo amava, ma era un uomo severo e riservato. Dall’altro lato, la madre di John era una donna attenta e amorevole. Lei gli insegnò le Scritture, capitoli interi della Bibbia alla volta, così come inni e poemi. Purtroppo, la madre di John morì due settimane prima che lui compisse 7 anni, e suo padre si risposò.

Quando la nuova coppia ebbe un altro figlio, entrambi iniziarono a dare attenzione e amore a lui invece che a John, e lui si lasciò sviare da una compagnia di ragazzini malviventi, seguendoli nei loro sordidi passi. All’età di 11 anni, fece il primo di cinque viaggi con la compagnia di suo padre, durante il quale apprese velocemente a dire parolacce e insulti come il migliore dei marinai.

Tuttavia, durante i cinque anni seguenti, John si vide obbligato a riflettere seriamente sulla condizione della sua anima. Per poco non salì su una nave da guerra con un suo amico. Più tardi scoprì che la nave era naufragata, e che il suo amico, insieme ad altre persone a bordo, era affogato.

Fu in questo periodo che John ebbe un sogno che lo turbò, nel quale gettava via un anello che rappresentava tutta la misericordia che Dio gli aveva riservato. Queste esperienze presero una forma tremendamente condannatoria nella coscienza di Newton e, per qualche tempo, lo portarono a trattare le questioni spirituali più seriamente. Dopo qualche giorno, tuttavia, si dimenticò di tutto questo e, lasciandosi alle spalle la sobrietà, continuò la sua caduta vertiginosa nella perversione. Newton affermò: “In generale consideravo la religione come un mezzo necessario per scappare dall’inferno; ma io amavo il peccato, e non ero disposto ad abbandonarlo.”

A 19 anni, Newton fu obbligato ad arruolarsi nella marina per servire la nave HMS Harwich. In seguito disertò, fu catturato, incarcerato, frustato a bordo della nave, fustigato con una frusta a nove code, e degradato. Newton cadde in una tremenda depressione e disperazione che lo portarono, alcune volte, a volersi tuffare in mare, e a cercare un modo di uccidere il capitano che lo aveva umiliato. Tuttavia, non ci volle molto perché la sua situazione cambiasse, quando il capitano della sua nave lo scambiò con alcuni marinai di una nave che stava per salpare per l’Africa Occidentale in cerca di schiavi.

Il traffico di schiavi

Verso la metà del 1700, il traffico di schiavi era un commercio lucrativo. Più di 100mila schiavi furono trasportati verso il Nuovo Mondo su navi inglesi. William E.Phipps scrisse: “Nel secolo XVIII, la media di mortalità degli schiavi durante il tragitto (dall’Africa a qualche porto dei Caraibi o degli Stati Uniti, dove erano poi venduti) su navi inglesi era approssimativamente del 15%. Circa 15mila schiavi africani morirono a bordo di navi inglesi in quell’epoca.

Nel suo nuovo ambiente, Newton non fece nulla per essere benvisto dagli ufficiali della nave. Compose una canzone di scherno per ridicolizzare il capitano della nave, e la insegnò a tutto l’equipaggio. Dopo aver catturato una buona quantità di schiavi, Newton si guadagnò il permesso di restare in Africa, lungo la costa della Guinea, dove lavorava per un trafficante di schiavi inglese che viveva con la sua amante africana. A questa donna non piaceva Newton. Quando Newton si ammalò di malaria, lei lo trattò con crudeltà, con insulti e rifiutandosi di nutrirlo, desiderando che morisse di fame.

Qualche tempo dopo, Newton fu accusato ingiustamente di aver derubato il trafficante inglese. John fu incatenato nella stiva della nave di quell’uomo, e fu mantenuto con poco cibo, acqua e vestiti. In pratica, egli divenne schiavo di quell’uomo e, per ironia del destino, ricevette lo stesso trattamento con il quale erano state trattate le persone che erano state catturate grazie a lui.

Questo tormento durò un anno, dopo il quale Newton convinse l’uomo a venderlo ad un altro trafficante di schiavi. Il suo nuovo capo lo trattò con bontà, e lo rese supervisore delle prigioni per schiavi che si trovavano nei porti.

Nonostante gli occhi vigili del suo precedente capo, Newton riuscì a mandare alcune lettere a suo padre, chiedendo aiuto. Un giorno, una nave mercantile chiamata Greyhound (razza di cane con le gambe lunghe e veloce) giunse dove si trovava Newton. Quella nave era stata mandata su ordine del padre di John Newton. John inizialmente esitò a lasciare il suo ruolo in quel commercio lucrativo ma, alla fine, accettò di tornare in Inghilterra. Newton era stato tenuto prigioniero in Africa per 15 mesi.

A bordo del Greyhound, nel suo viaggio di ritorno, Newton si dimostrò l’uomo più profano e lascivo di tutta la nave. Una notte era tanto ubriaco che, quando il vento gli fece cadere il cappello in mare, se un altro marinaio non l’avesse afferrato per i vestiti, si sarebbe lanciato in mare per riprenderlo.

Nel corso di quel viaggio, Newton sfogliò uno dei pochi libri che si trovava a bordo: Imitation of Christ (“Imitazione di Cristo”). Newton aveva iniziato a leggere quel libro solo come passatempo ma, poco a poco, iniziò a chiedersi cosa ne sarebbe stato di lui se ciò che vi era scritto fosse stato vero. Si spaventò e chiuse il libro.

Colpito dalla tempesta

Nella notte del 21 Marzo 1748, una violenta tempesta si abbatté sulla nave, che per poco non affondò. Uomini, animali e provvigioni furono trascinati in mare dalla forza delle onde. Newton pregò Dio per la prima volta dopo anni. Temeva di essere sull’orlo della morte e, se la fede cristiana era vera, era sicuro che non sarebbe stato perdonato. John ripensò a tutto quello che aveva fatto in quegli ultimi anni, incluso il suo atteggiamento di scherno nei confronti dei fatti storici narrati nel Vangelo, e ne rimase sconvolto.

Dopo quattro giorni, la tempesta si calmò. Per la Provvidenza di Dio, la cera d’api che si trovava nella stiva aveva aiutato la nave a restare a galla. Newton attribuì questo fatto a Dio. Iniziò a leggere il Nuovo Testamento con interesse. Quando arrivò a Luca 15, John notò gli impressionanti parallelismi tra la sua vita e quella del figliol prodigo.

La nave andò alla deriva per un mese. Le provviste terminarono. Il capitano incolpò la blasfemia di Newton per tutti i problemi che stavano affrontando, e pensò di gettarlo in mare, come era successo a Giona. La nave in avaria giunse finalmente all’Irlanda del Nord, appena in tempo per evitare una tempesta che si stava formando. Newton riconobbe che Dio aveva risposto alle sue preghiere.

Arrivato sulla terraferma, Newton prese la decisione di non bestemmiare più. Ricominciò a frequentare la chiesa. Era diventato un credente di Gesù. Più tardi dichiarò: “Penso che quello sia stato l’inizio del mio ritorno a Dio, anzi, il ritorno di Dio per me; tuttavia, penso di essere diventato un credente (nel vero senso della parola) molto tempo dopo rispetto a quel momento.”

Rigenerato per fede

Nel 1749 Newton salpò come primo pilota di una nave di schiavi. A quel punto, si era già dimenticato l’impegno che aveva preso, e ricadde nelle sue antiche pratiche peccaminose. Cercando schiavi lungo la costa occidentale dell’Africa, John Newton si ammalò nuovamente di malaria, il che lo portò nuovamente a riflettere sulla sua vita. Davanti alla misericordia di Dio sulla sua vita, sarebbe stato assolutamente condannato per gli errori che aveva commesso. Mezzo delirante e indebolito, Newton si alzò dal letto e camminò con difficoltà fino ad un luogo appartato dell’isola. In quel luogo, percependo la futilità di prendere decisioni basate su sé stesso, “si arrese al Signore”, scrive Richard Cecil, “affinché Dio facesse con Lui ciò che volesse. Non era successo nulla di nuovo nella sua mente, tranne il fatto che era ormai pronto ad affidarsi e a credere in un Salvatore crocifisso.” La stupenda grazia di Dio si manifestò esattamente nel momento in cui John Newton credette per la prima volta.

Da quel momento, la vita di Newton mutò gradualmente. All'inizio, come succede a molti credenti, non aveva la percezione del fatto che tutte le aree della sua vita dovevano essere trasformate dalla grazia di Dio.

Per esempio, per cinque anni, lottò con la certezza della sua salvezza. Tuttavia, grazie all'incoraggiamento da parte dell’altro capitano della nave, che era a sua volta credente, vinse i suoi dubbi, come John dichiarò: “Iniziai a capire […] e ad avere la speranza di essere preservato e salvato, non per mio potere o per la mia santità, ma per l’immenso potere e per la promessa di Dio, attraverso la fede in un Salvatore immutabile.”

Il cambiamento più evidente nella vita di Newton riguardò il traffico di schiavi. Un anno prima di diventare credente, John era diventato capitano di una nave di schiavi. Nei quattro anni dopo la sua conversione, Newton fece tre viaggi con l’obiettivo di cercare schiavi in Africa e venderli nei Caraibi. Durante questi viaggi, Newton guidò la sua truppa attraverso culti di adorazione e momenti di preghiera. Tuttavia, fu anche obbligato a smorzare ribellioni di schiavi, arrivando ad utilizzare strumenti di tortura per schiacciare i pollici al fine di estorcere confessioni.

Più avanti, Newton prese coscienza del fatto che il traffico di schiavi e la sua partecipazione ad esso erano qualcosa di moralmente oltraggioso e repulsivo. Affermò: “la forza dell’abitudine, l’esempio di altri e l’interesse (commerciale) avevano reso ciechi i miei occhi.”

A partire dal momento in cui lo Spirito Santo convinse John Newton dei mali e dei peccati insiti nel traffico di schiavi, egli passò a lavorare instancabilmente per porgli fine in uno sforzo di decenni. Fu consigliere e guida di un credente in Cristo più giovane di lui, chiamato William Wilberforce, il quale entrò nel Parlamento Britannico. Wilberforce divenne il più famoso ed efficace abolizionista della storia dell’Inghilterra. Alcuni mesi prima della morte di Newton, avvenuta il 21 Dicembre 1807, il Parlamento Britannico approvò il Decreto dell’Abolizione della Tratta di Schiavi, il che rallegrò molto Newton.

La dolcezza della Grazia

Prima di sperimentare la grazia salvifica di Dio, John Newton non aveva mai avuto problemi a bestemmiare e imprecare quando navigava, a dire blasfemie contro il Dio del cielo, a ridere della Bibbia, a ridicolizzare la consacrazione a Dio, ad essere coinvolto in atti depravati, né aveva avuto il minimo scrupolo a comprare e vendere essere umani come fossero stati oggetti o merce.

Tuttavia, Newton cambiò totalmente dopo la sua conversione. Più tardi, divenne Pastore, ed esercitò il ministero pastorale per 23 anni, sottolineando sempre, nei suoi sermoni, il tema della grazia di Dio. Compose e pubblicò centinaia di inni, tra cui quello intitolato How Sweet the Name of Jesus Sounds (“Quanto è dolce il nome di Gesù”), in chiaro contrasto con il precedente periodo pieno di blasfemia, e dimostrò incessante ospitalità presso casa sua.

Era in comunione con alcuni dei più notevoli nomi della rinascita evangelica in Inghilterra, come George Whitefield e John Wesley; insegnò ed incoraggiò personaggi influenti come il grande missionario William Carey, il poeta William Cowper, e l’abolizionista William Wilberforce. Oltre a questo, divenne uno dei maggiori difensori della fine della schiavitù in Gran Bretagna.

Come spiegare una così grande trasformazione nella vita di un uomo? Alcune settimane prima della sua morte, già vecchio e debilitato, Newton spiegò: “La mia memoria è praticamente scomparsa; eppure, ricordo ancora due cose: che sono un tremendo peccatore, e che Cristo è un tremendo Salvatore.

Fonti:

Richard Cecil, The Works of the Rev. John Newton

William E. Phipps, Amazing Grace in John Newton

Bruce Scott

Direttore del ministero The Friends of Israel

Traduzione Paini Alessia @FedeRiformata.com

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